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martedì 19 marzo 2024 | ore 18:00Sala delle Vetrate | Castello Sforzesco, Novara

Lavorare per vivere o vivere per lavorare?

Storie di ogni genere #2
qui tutti gli incontri

con Peppe Fiore, Nessuno è indispensabile (Einaudi), Annalisa Monfreda, Quali soldi fanno la felicità (Feltrinelli) e Ilaria Rossetti, La fabbrica delle ragazze (Bompiani), modera Alberto Infelise
nell’ambito di Voci di donna

Negli ultimi anni si parla sempre più di smart working, disparità salariale, settimane corte e altri temi sempre più urgenti. È davvero necessario lavorare così tanto o siamo figli di un pensiero legato a una produttività malsana oltre che insensata? È possibile un nuovo modo di lavorare?


📌 ingresso libero fino a esaurimento posti

👀 con la Carta Io leggo di Più puoi prenotare il tuo posto, nelle prime file: scrivi a info.novara@circololettori.it


✏️ i libri

Peppe Fiore, Nessuno è indispensabile (Einaudi)
Impiegato modello in un’azienda modello – italiano medio tragicamente modello -, Michele Gervasini fa coincidere la sua idea di felicità con gli angoli acuti del contratto a tempo indeterminato. E poco importa se ogni mattina deve affrontare il traffico isterico della via Pontina per raggiungere il suo ufficio alla Montefoschi, azienda leader nella produzione di latte e derivati. Lì lo aspettano gli altri dipendenti dell’Ufficio pianificazione e controllo, una pattuglia di buffi animali da scrivania che vive – non solo simbolicamente – all’ombra dell’enorme, minacciosa mucca aziendale in vetroresina che campeggia davanti agli stabilimenti. Ma un giovedì mattina la più mite fra le colleghe si dà fuoco nello sgabuzzino delle scope, e all’improvviso bisogna rivedere i confini di quelle giornate che fino ad allora avevano funzionato con l’efficienza di un formicaio. Con lo spirito dissacrante di una commedia tragicomica, Nessuno è indispensabile compie un piccolo miracolo: sovverte la tradizione del romanzo industriale seguendo il ritmo e la grammatica della contemporaneità, per descrivere in maniera umanissima e feroce i rituali, le mitologie, il misticismo laico che stanno alla base della vita aziendale. Peppe Fiore racconta la deriva impazzita del mondo in cui viviamo, la nevrosi da scrivania, i tic e le frustrazioni di ogni giorno, mettendo in scena con un’irresistibile dose di cinismo personaggi che non hanno a disposizione un’altra vita, né il desiderio di immaginarsela. Se è vero che in ufficio contano solo gli obiettivi raggiunti, quando un tuo collega lascia vestiti e scarpe a filo della balaustra – allineati con la massima precisione – prima di gettarsi nel vuoto in mutande e canottiera, forse la strategia va ripensata. E non solo quella aziendale.

 

Annalisa Monfreda, Quali soldi fanno la felicità (Feltrinelli)
Quando decide di lasciare il lavoro dipendente, Annalisa Monfreda si avventura in una conversazione inedita con il suo estratto conto. Si accorge che per lungo tempo ha considerato il “non parlare di soldi” una qualità morale, senza mai domandarsi quali conseguenze avesse. Seguendo il filo della propria relazione incompiuta con i soldi, ne individua le radici nella sua storia familiare e in un modello socio-economico che, da una parte, monetizza il nostro valore e, dall’altra, ci educa a tacere l’argomento denaro. Attraverso i microfoni del podcast “Rame”, l’autrice si fa raccontare da oltre cento persone la loro storia finanziaria più intima. Scopre che ognuna prova vergogna o senso di colpa per le scelte che ha fatto, per i soldi che ha perduto, per quelli che non riesce a guadagnare, o che possiede senza esserseli sudati. Siamo tutti soli con il nostro conto in banca, che più sparisce dai discorsi, più costituisce l’impalcatura su cui si reggono le nostre relazioni, i desideri e la speranza nel futuro. Non deve essere per forza così. L’ipotesi di fondo, la fiducia che muove la scrittura del libro, è la convinzione che possiamo cambiare la nostra relazione con i soldi, togliere loro il potere e scippargli il controllo sulla nostra vita semplicemente mettendoli al centro della conversazione. E che questa nuova relazione, oltre a renderci più felici, possa rappresentare una delle spinte più forti verso la trasformazione di un sistema economico che riteniamo inamovibile, quasi fosse una legge naturale. Ma che è solo l’ennesima storia che ci siamo raccontati.

 

Ilaria Rossetti, La fabbrica delle ragazze (Bompiani)
Al centro di questo romanzo ci sono le ragazze: con i capelli al vento di chi attraversa la campagna in bicicletta, con le guance scavate perché il cibo scarseggia ma gli occhi ardenti di chi ha tutta la vita davanti, con le dita sottili che sono perfette per costruire le munizioni. Infatti, durante la Prima guerra mondiale, la fabbrica Sutter & Thévenot sceglie proprio la campagna lombarda per installare, a Castellazzo di Bollate, uno degli stabilimenti dove centinaia di donne giovanissime fanno i turni per rifornire i soldati al fronte. E poi ci sono anche loro, i ragazzi, allontanati dalle famiglie e dal lavoro per andare a far carne da macello nelle trincee, con i cuori pieni di nostalgia e pronti ad accendersi quando arriva una cartolina vergata da una grafia femminile, come succede a Corrado che per amore arriva alla diserzione… Ma è il 1918, la Storia sta accelerando: è così che Emilia, la piscinìna, la mattina del 7 giugno saluta i genitori senza sapere se li rivedrà, perché una grave esplosione investirà la fabbrica causando decine di vittime, quasi tutte donne e bambine. La produzione però riprende subito, in tempo di guerra le vite umane contano ancora meno del solito. È così che Corrado e il padre di Emilia, Martino, con sua moglie Teresa dovranno accettare che la realtà è più dura dei sogni e il tempo scorre indifferente come il Seveso sotto il grande cielo. Con una lingua intensamente poetica e venata di dialetto senza mai indulgere nella maniera, Ilaria Rossetti racconta un episodio quasi dimenticato e più che mai attuale di lavoro femminile e morti bianche: prima di lei, fu Ernest Hemingway a parlarne in uno dei Quarantanove racconti. In queste pagine la storia vera dell’esplosione della fabbrica Sutter & Thévenot di Bollate, che uccise cinquantanove tra operai e operaie, da testimonianza si fa romanzo e attraverso le voci di tante piccole vite non smette di chiederci ascolto.